Sarò lungo.
Non riuscirei mai a fare una classifica ordinata di quello che è uscito nel 2011 ma posso almeno tirare le somme che, però, non sono mai definitive dato che gli ascolti, a volte, non si incastrano con gli umori e questo può dare adito a una sottovalutazione (o anche a una sopravvalutazione) dell’oggetto in esame.
Devo innanzitutto rilevare che i miei ascolti più assidui si riferiscono a materiale degli anni precedenti: la retropsichedelia dei Tame Impala (Innerspeaker, 2010), la neopsichedelia delle Warpaint (The Fool, 2010) e il pop/rock alternativo dei Metric (Fantasies, 2009). Non è strano, essendo io di lenta digestione, quindi è possibile che quest’anno riscopra materiale dello scorso anno che mi prenda il trip dell’ascolto “in loop”.
Ritorni
Ci sono sempre aspettative nei ritorni dei personaggi per cui nutri già dell’affetto. E, spesso, le aspettative vengono deluse. E’ il caso dei R.E.M. che, prima di sciogliersi, pubblicano una “compilation di inediti” (Collapse Into Now) che è una specie di testamento delle sonorità. Potrei liquidarlo come carino ma questo aggettivo non rende giustizia a quello che sono stati i R.E.M. Peccato & Amen.
Meglio si comportano i TV On The Radio che pubblicano un album (Nine Types of Light) che è assai smussato rispetto ai lavori precedenti ma che si lascia ascoltare comunque con piacere.
Si mantengono all’altezza i Mogwai (Hardcore Will Never Die, But You Will) anche se il meglio lo danno nel lungo pezzo del bonus disc. Lo stesso vale per Keren Ann (101), per i Sonic Youth (Simon Werner a disparu), per David Sylvian (Died in the Wool - Manafon Variations – magari variasse anche un po’ di più), per Bon Iver (Bon Iver),
Ancora meglio fanno i Radiohead (The King Of Limbs) che recuperano credibilità rispetto al noiosetto album precedente.
Ottimi, invece, i ritorni di Joan As Police Woman (The Deep Field) e Feist (Metals): entrambe le ragazze non solo non deludono ma dimostrano di essere poliedriche come sempre. Ottima anche Bjork (Biophilia) dopo la delusione del precedente.
Un cauto entusiasmo (mai esagerare) lo riservo al post-post-post-math-rock dei Battles (Gloss Drops), alla sempre più raffinata Cristina Donà (Torno a casa a piedi), ai sempre onirici Sigur Ros (Inni) e al folk-noise Thurston Moore (Demolished Thoughts).
Una menzione speciale alla compilation post-dark assemblata dai MGMT (serie LateNightTales).
Scoperte
Deluso dagli ascolti dalla troppo soul-piagnona Adele (21) e dal troppo dub-soul-piagnone James Blake (James Blake), ho trovato conforto nell’elettronica glitch di Alva Noto (Univrs), anche in compagnia di Sakamoto (Summvs) per l’immancabile commistione classicoelettronica e nell’elettronica indie dei Braids (Native Speaker).
Il mio debole, comunque, si sa che sono le cantantesse e, in questo campo, ho trovato soddisfazione nell'elettrodub di Emika (Emika) –altro che James Blake!-, nel pop alternativo di Lykke Li (Wounded Rhymes), di EMA (Past Life Martyred Saints) e di Thao & Mirah (Thao & Mirah), nelle atmosfere oscure di Zola Jesus (Conatus - la miglior uscita dell'anno, secondo me) e Mushy (Faded Heart).
Italia
Ho citato solo la Donà, ma trovo che Valentina Lupi (Atto terzo) possa arrivare alla sua altezza. Mi hanno colpito favorevolmente i Verdena (WOW), sono rimasti nelle mie grazie i Subsonica (Eden), continuo a reggere poco l’ascolto di Caparezza (Il sogno eretico) del quale, però, apprezzo i testi. Molto interessante la virata folk di Patrizia Laquidara e Hotel Rif (Il canto dell'Anguana).
Mancanze
Molte, considerando anche che ognuno segue i propri percorsi per cui ci si perde sempre tanta roba. Di grosso non ho ancora ascoltato Tom Waits (Bad As Me) e non ho ancora avuto il coraggio di ascoltare Peter Gabriel (New Blood, studio e live) il cui precedente album mi aveva deluso parecchio. Ah! E sono in attesa che Amazon mi spedisca Mylo Xyloto dei Coldplay (un ascolto che temo un po') e di Ceremonials di Florence + The Machine (questo, invece, promette bene).
Finito.