mercoledì 22 febbraio 2012

Nani, elfi, maghi e cannonau

Il nano Sassu, sovrintendente alle miniere dei nani, si accorge che la sua millenaria terra sta cambiando, che la polvere di carbone estratta dalle miniere sta permeando tutto. Sassu vede questo mostro, l'Inquinamento, che sta uccidendo il suo mondo e, non riuscendo a convincere della cosa la sua gente, si incammina per trovare una possibile soluzione (l'energia pulita!) presso il cattivissimo Mago del Gennargentu. 

E' una fiaba ambientata in un mondo vicino, che riconosciamo, ma rivestita dalle figure tipiche del fantasy: i nani minatori, gli elfi pastori, il mago nella sua torre, gli uomini superiori a tutte le altre creature. Lo leggi affascinato e senti che è un fantasy strano dove si beve cannonau e si mangia il porceddu, dove le torri sono nuraghe. Ma che importa? Alla fine è una bellissima fiaba che ha il sapore della Sardegna, tocca temi amaramente attuali e finisce con...

E no! Non vi dico come va a finire, naturalmente, ma vi do qualche riferimento utile per scoprirlo: l'autrice della storia è Elisabetta Vernier e, di lei, potete scoprire tutto (compreso cosa altro ha scritto) sul suo blog.
La fiaba, "I nani di Sulci", la trovate sul Kindle Store di Amazon (naturalmente in formato digitale, senza drm) e vi costa la bellezza di 0,89 euro quindi non fate i braccini corti e andate a recuperarla subito.


domenica 19 febbraio 2012

I cerimoniali di Florence

The grass was so green against my new clothes,
And I did cartwheels in your honor, dancing on tiptoes
My own secret ceremonials before the service began,
In the graveyard, doing handstands.

Amazon me l'ha fatto sudare (persa la prima spedizione, arrivata la seconda a quasi due mesi dall'ordine) ma devo confessare che l'attesa non è stata vana perché questo "Ceremonials" (2011) di Florence + The Machine ora non riesco più a smettere di farlo girare.

E pensare che il primo album, "Lungs" (2009), aveva fatto quasi fatica a prendermi: forse perché troppo smaccatamente allegro e pop, forse perché ascoltato la prima volta, come può capitare, nel momento sbagliato. Ripreso in seguito più di una volta con sempre maggiore soddisfazione, mi sono infine convinto a prendere "al buio" anche il nuovo album (in realtà un primo assaggio è stata la visione del video di "No Light, No Light").

Florence Welch non suona "alternativa" come possono esserlo Feist o Joan "As Police Woman" Wasser ma ha una voce che ti solleva, una teatralità quasi divertita ed è rossa (cosa non da poco, dal mio punto di vista).
Naturalmente, tanto per smentire quanto detto in un post precedente, ho preso la versione deluxe (un solo euro di differenza, dovevo lasciarla lì?) la quale, in aggiunta alle tracce dell'album, offre altri otto brani tra inediti, demo e versioni acustiche. 
Alla fine si è trattata di una giusta compensazione alla delusione dell'ultimo dei Coldplay: se proprio pop deve essere, almeno che suoni prepotentemente piacevole e non come un ripiego senza sapore.

Questo il video di "No Light, No Light" che è anche stato fattore di polemiche:


Sembra che la minaccia dell'uomo nero e il "salvataggio" a opera dei bambini bianchi sia, secondo qualcuno, da leggere come una evidente manifestazione razzista. Troppo pigro per osare una mia interpretazione, mi è innanzitutto balzato agli occhi una possibile sceneggiatura alternativa nella quale sia una specie di vichingo ad operare il voodoo (ritualità tipica delle lande artiche e subartiche). E ho cominciato a ridere. Che altro potevo fare?

Un'aggiuntina. Qua il pezzo eseguito dal vivo ai Brit Awards 2012:


sabato 11 febbraio 2012

Una Gerrard retroattiva

Ogni tanto ricapitano in mano cose "vecchie", diciamo di poco più di una decina di anni fa, e si ha la certezza di avere ritrovato qualcosa che meritava di essere riscoperto ma di cui non ci si ricorda assolutamente nulla (o quasi).

Lisa Gerrard è sempre tanto presa dalle proprie vocalizzazioni barocche che a volte si rivela di una pallosità colossale.
La colonna sonora (essenzialmente sua e di Pieter Bourke con l'aggiunta di pezzi sparsi di Jan Garbarek, Massive Attack, Graeme Revell e Gustavo Santaolla) di "The Insider" (1999) di Michael Mann riesce ad essere giusto un po' depressiva (la tonalità di base è quella di un dark ambient abbastanza stemperato) ma il risultato finale si colloca decisamente tra il buono e l'ottimo.

Quindi la Gerrard va sempre tenuta d'occhio. Anche retroattivamente parlando.

Ecco qualche estratto prelevato dal tubo giusto per dare idea di quanto detto sopra:
Lisa Gerrard & Pieter Bourke: "Sacrifice"
Lisa Gerrard & Pieter Bourke: "Liquid Moon"
Gustavo Santaolla: "Iguazu"
Jan Garbarek: "Rites" 
Massive Attack: "Safe From Harm (Perfecto Mix)"
Lisa Gerrard & Pieter Bourke: "Meltdown"

lunedì 6 febbraio 2012

Carne e metallo su MondoNove

Avevo qualche diffidenza per il sottotitolo "Un incubo steampunk" di "Cardanica" di Dario Tonani, primo racconto della saga di MondoNove, perchè mal avevo digerito il primo romanzo steampunk che avevo letto ("La macchina della realtà" di William Gibson e Bruce Sterling).
Aggiungo che ho da poco letto la trilogia steampunk di Paul Di Filippo, che ha avuto il pregio di ammorbidire un po' il mio punto di vista sul genere.

Bene. La saga di MondoNove non è steampunk, nel senso che non è ambientata nell'universo vittoriano dove la tecnologia retrofuturibile è basata sul vapore: siamo in un altro mondo dove comunque è il vapore a muovere pachidermi meccanici (o, meglio, biomeccanici).

Dario sostiene che il genere di questi suoi racconti è più ascrivibile al genere steamfantasy  ma io fatico a trovare un lato fantasy e così acconsentiamo entrambi per definirli steamhorror . "Tanto", aggiunge Dario, "la tassa sulle etichette non c'è.".

"Cardanica", "Robredo", "Chatarra" e "Afritania" sono quattro schegge di sabbia e ruggine, olio e sangue, carne e metallo. Tratteggiano un mondo ammorbato e un'umanità ridotta a essere semplicemente un ingranaggio della macchina: è pura claustrofobia se ci sei dentro e malattia istantanea se stai fuori. Sono metallo e carne fusi: metallo che urla, carne che muore.
E l'isola di Chatarra, il rugginoso cimitero delle macchine, è ovunque ma il metallo ti prenderà in ogno caso.

L'immagine che vedete l'ho chiesta in prestito a Dario ed è opera di Franco Brambilla, copertinista di Urania. Questa ed altre immagini di Brambilla ispirate a MondoNove sono meglio assaporabili su questa pagina del sito di Tonani: La Robredo e il Cardanic in 3D.

I quattro racconti sono editi da 40k e li trovate comodamente in formato digitale (senza DRM) su Amazon o BookRepublic.

E Dario mi deve una birra. :D

venerdì 3 febbraio 2012

Sonorità per un futuro remoto


In occasione dell'uscita del commento musicale degli Air a "Le Voyage dans la Lune" (1902) di Georges Méliès (colorato a mano), volevo qui proporne un estratto:


Se non piace il genere elettronico, è possibile godere di un commento diverso a opera di Augustin Belliot (Ensamble La Chapelle Musique & Octuar de Saxophones Oct'opus):


Si tratta, in pratica, di operazioni simili a quella famosa di Giorgio Moroder per "Metropolis" (1927) di Fritz Lang e che ai tempi mi aveva lasciato piuttosto perplesso (ma forse per il genere di musica):


Ma poi mi sono ricreduto su questo tipo di operazione ascoltando il commento dei British Sea Power a "Man of Aran" (1934) di Robert J. Flaherty:


E un giudizio positivo voglio estenderlo ai Giardini di Mirò per "Il fuoco" (1915) di Giovanni Pastrone:


Ah, mi è sovvenuto in ritardo che anche i Faust si sono cimentati in un commento sonoro: il film è "Nosferatu" (1922) di F.W. Murnau. Di questo non ho trovato alcun video ma su Soundcloud si trova l'intera "colonna sonora": Faust Wakes Nosferatu.


Io, intanto, aspetto che Amazon mi spedisca il viaggio nella Luna degli Air...

domenica 29 gennaio 2012

Mylo Xyloto: A cold play

Un vago sentore l'avevo, avendo visto il video della banalissima "Every Teardrop Is A Waterfall", ma al primo ascolto "Mylo Xyloto" dei Coldplay è risultato altrettanto irritante di quanto lo fu il primo ascolto di "In This Light and on This Evening"  (2009) degli Editors.

Ma se la deriva synth degli Editors la si può intendere come una scelta per uscire da una classificazione che li faceva apparire semplicemente come degli Interpol inglesi (e, quindi, una ricerca di identità), la deriva ultrapop dei già sufficientemente pop Coldplay sembra rappresentare più una mancanza di idee che non una svolta.

Intendiamoci, però, su questa mia stroncatura: l'album è molto catchy, perfino molto meno irritante dopo qualche ascolto, ma rimane pur sempre, a mio parere, un bella caduta dopo il precedente "Viva la Vida" del 2008. E, questa volta, non basta neppure il lavoro sempre ineccepibile di Eno a salvare un prodotto che pare sbattere contro un muro di autocompiacimento senza altri sbocchi che non le vendite (cosa che può fare piacere agli autori ma che a me interessa molto meno).

L'ultima inevitabile sparata è sulla scelta di inserire il duetto con Rhianna nella playlist. Anche in questo caso dobbiamo intenderci, però: probabilmente Rhianna avrebbe fatto un figurone se fosse comparsa in un pezzo di un album dei Colplay che non suonasse come un pezzo di un disco di Rhianna finito per sbaglio in un album dei Coldplay. Chiaro, no? E pure i Coldplay avrebbero fatto una figura migliore se quel pezzo non fosse stato qua (vedi "Lukas"  su "Come to Life" di Natalie Imbruglia).

Però la copertina è proprio bella. :)

mercoledì 18 gennaio 2012

BM = Barbara Morgenstern

Ci sono gli innamoramenti istantanei. E poi i reinnamoramenti. No, non sto parlando, come al solito, di Cristina Donà, ma di Barbara Morgenstern.

Mi capitò di sentire il suo nome quando ascoltai qualche anno fa "All the Birds Were Anarchists" (2007) dei September Collective, gruppo composto da Paul Wirkus, Stefan Schneider oltre naturalmente a Barbara Morgenstern.
Tedeschi. Elettronica. Sovvengono memorie dei tempi krauti ma l'orientamento, in questo caso, è più di stampo ambientale.

Dall'ascolto di questi è poi partita l'esplorazione della Morgenstern: a partire dal suo ultimo (di quei tempi) album "The Grass Is Always Greener" (2006) a risalire via via fino al primo album, "Vermona ET 6-1" (1999) in cui rivelava una vena elettrotechnosperimentale molto libera.
Un errore, questa lettura al contrario: perso nelle suggestioni elettroniche non avevo colto il percorso melodico che avveniva in senso inverso tanto che quando uscì "bm" nel 2008 rimasi abbastanza deluso.

Qualche giorno fa mi è ricapitato in mano quel cd e, alla prima occasione, l'ho infilato nel lettore in macchina.
Ci si può innamorare al volo di un qualcosa che si era già ascoltato in precedenza e considerato con sufficienza?
Pare di sì: si tratta di un album basato essenzialmente sul pianoforte, un tocco quasi classico, e l'elettronica è sparsa parsimoniosamente rispetto ai suoi precedenti album (qualche sano technopicco c'è, tranquilli).
Il cantato rimanda suggestioni teatrali (forse per via del tedesco) ma la voce è morbida e precisa.

E fu riamore.

Qui il video di "Come to Berlin" tratto dall'album "bm":

Questo, invece, è il video, molto pop, di "The Operator", tratto dall'album precedente e che mi fece perdere la testa per Barbara:




venerdì 13 gennaio 2012

Da Milano al Mekong, prossimamente

Niente musica stavolta (beh, magari una colonna sonora poi la infilerò) ma rapide impressioni su due antologie di racconti di fantascienza "vicina" da due autori italiani: Dario Tonani e Alberto Cola (in rigoroso ordine di lettura).

Fantascienza "vicina" in senso temporale, intendo, dato che Tonani spazia tra Milano e diverse urbanità in disfacimento che possono avere connotazioni universali e Cola ci spara una serie di racconti di stretta ambientazione estremo-orientale in un futuro che va quasi sempre tra l'imminente e il "non poi troppo in là".

Nell'antologia "Infected Files", non lasciano molto spazio all'ottimismo le atmosfere post-cyberpunk e steampunk di Dario Tonani anche se qualche idea di convivenza tra l'umanità e il post/para/pseudo-umano lo si riesce a trovare nei racconti ambientati nella Milano dei +toons.
Se i racconti milanesi mi sono sembrati più abbordabili, soprattutto perché ambientati nello stesso universo che avevo già conosciuto leggendo i suoi romanzi "Infect@" e "Toxic@", sono i racconti "Vangelo Freddo", "Mani d'inverno" e "Semenza" ad avermi più colpito per quel senso di umanità in ineluttabile disfacimento (sperando che quella di Tonani sia una scrittura, in qualche senso, scaramantica).

Quando Tonani ha letto il mio commento su facebook mi ha rimarcato che preferisce lasciare l'ottimismo a Mary Poppins perché la sua "tata ispiratrice è una tossica con la personalità dissociata e un ombrello rotto che cola pioggia sporca".
Ma, secondo me, anche a partire dalla pioggia sporca si potrebbe trarre un nuovo equilibrio. Punti di vista, naturalmente.

Alla lettura dei racconti di Tonani assocerei "Uni C" , un pezzo di Alva Noto tratto da Univrs (2011) :

Se l'umanità di Tonani appare soccombere al mutamento, i racconti dell'antologia "Mekong" di Alberto Cola vanno ad eplorare il momento in cui l'uomo (o post-tale) arriva al punto di rottura e sceglie di superarlo e, in un certo senso, di ripartire dall'accettazione del mutamento e di rinascere in esso.
L'ambientazione estremo-orientale è congeniale dal punto di vista narrativo e convincente (è evidente che Cola conosce bene e non improvvisa scenari) ma proprio per la forte impronta soggettiva le situazioni sono comunque trasponibili in contesti più vicini a noi, come si può notare nei suoi romanzi "Goliath" e "Lazarus" che hanno una collocazione meno fortemente geolocalizzata ma tengono fermo il punto dell'accettazione del mutamento ("Lazarus" addirittura parte da un punto di rottura, la "resurrezione" di Mishima, e il protagonista va ad esplorare la nuova esperienza fino a trarne le proprie conclusioni).

Per i racconti di Cola sceglerei come accompagnamento "No Return" dei God Is An Astronaut, tratta dall'album omonimo (2007):


Insomma, fatevi un favore e leggetevi entrambe le antologie:
Dario Tonani, "Infected Files"  (DelosBooks, Fantascienza.com n. 16/Mosaix; 2011)
Alberto Cola, "Mekong"  (DelosBooks, Fantascienza.com n. 17/Mosaix; 2011)

Buona lettura.

giovedì 5 gennaio 2012

Sunto scompensato del 2011

Sarò lungo.

Non riuscirei mai a fare una classifica ordinata di quello che è uscito nel 2011 ma posso almeno tirare le somme che, però, non sono mai definitive dato che gli ascolti, a volte, non si incastrano con gli umori e questo può dare adito a una sottovalutazione (o anche a una sopravvalutazione) dell’oggetto in esame.

Devo innanzitutto rilevare che i miei ascolti più assidui si riferiscono a materiale degli anni precedenti: la retropsichedelia dei Tame Impala (Innerspeaker, 2010), la neopsichedelia delle Warpaint (The Fool, 2010) e il pop/rock alternativo dei Metric (Fantasies, 2009). Non è strano, essendo io di lenta digestione, quindi è possibile che quest’anno riscopra materiale dello scorso anno che mi prenda il trip dell’ascolto “in loop”.

Ritorni
Ci sono sempre aspettative nei ritorni dei personaggi per cui nutri già dell’affetto. E, spesso, le aspettative vengono deluse. E’ il caso dei R.E.M. che, prima di sciogliersi, pubblicano una “compilation di inediti” (Collapse Into Now) che è una specie di testamento delle sonorità. Potrei liquidarlo come carino ma questo aggettivo non rende giustizia a quello che sono stati i R.E.M. Peccato & Amen.
Meglio si comportano i TV On The Radio che pubblicano un album (Nine Types of Light) che è assai smussato rispetto ai lavori precedenti ma che si lascia ascoltare comunque con piacere.
Si mantengono all’altezza i Mogwai (Hardcore Will Never Die, But You Will) anche se il meglio lo danno nel lungo pezzo del bonus disc. Lo stesso vale per Keren Ann (101), per i Sonic Youth (Simon Werner a disparu), per David Sylvian (Died in the Wool - Manafon Variations – magari variasse anche un po’ di più), per Bon Iver (Bon Iver),
Ancora meglio fanno i Radiohead (The King Of Limbs) che recuperano credibilità rispetto al noiosetto album precedente.
Ottimi, invece, i ritorni di Joan As Police Woman (The Deep Field) e Feist (Metals): entrambe le ragazze non solo non deludono ma dimostrano di essere poliedriche come sempre. Ottima anche Bjork (Biophilia) dopo la delusione del precedente.
Un cauto entusiasmo (mai esagerare) lo riservo al post-post-post-math-rock dei Battles (Gloss Drops), alla sempre più raffinata Cristina Donà (Torno a casa a piedi), ai sempre onirici Sigur Ros (Inni) e al folk-noise Thurston Moore (Demolished Thoughts).
Una menzione speciale alla compilation post-dark assemblata dai MGMT (serie LateNightTales).

Scoperte
Deluso dagli ascolti dalla troppo soul-piagnona Adele (21) e dal troppo dub-soul-piagnone James Blake (James Blake), ho trovato conforto nell’elettronica glitch di Alva Noto (Univrs), anche in compagnia di Sakamoto (Summvs) per l’immancabile commistione classicoelettronica e nell’elettronica indie dei Braids (Native Speaker).
Il mio debole, comunque, si sa che sono le cantantesse e, in questo campo, ho trovato soddisfazione nell'elettrodub di Emika (Emika) –altro che James Blake!-, nel pop alternativo di Lykke Li (Wounded Rhymes), di EMA (Past Life Martyred Saints) e di Thao & Mirah (Thao & Mirah), nelle atmosfere oscure di Zola Jesus (Conatus - la miglior uscita dell'anno, secondo me) e Mushy (Faded Heart).

Italia
Ho citato solo la Donà, ma trovo che Valentina Lupi (Atto terzo) possa arrivare alla sua altezza. Mi hanno colpito favorevolmente i Verdena (WOW), sono rimasti nelle mie grazie i Subsonica (Eden), continuo a reggere poco l’ascolto di Caparezza (Il sogno eretico) del quale, però, apprezzo i testi. Molto interessante la virata folk di Patrizia Laquidara e Hotel Rif (Il canto dell'Anguana).

Mancanze
Molte, considerando anche che ognuno segue i propri percorsi per cui ci si perde sempre tanta roba. Di grosso non ho ancora ascoltato Tom Waits (Bad As Me) e non ho ancora avuto il coraggio di ascoltare Peter Gabriel (New Blood, studio e live) il cui precedente album mi aveva deluso parecchio. Ah! E sono in attesa che Amazon mi spedisca Mylo Xyloto dei Coldplay (un ascolto che temo un po') e di Ceremonials di Florence + The Machine (questo, invece, promette bene).

Finito.