There are places I'll remember all my life though some have changed.
Some forever not for better some have gone and some remain.
Cortenova in Valsassina: ci ho fatto ogni estate dagli zero ai ventiquattro anni ed è uno dei luoghi che tengo nelle memorie della mia infanzia e adolescenza.
Già da almeno un paio d'anni io e Luca (lo scompensato Bretella, per intenderci) progettavamo di tornarci per un tour della memoria. Io mancavo da dieci anni, Luca almeno da quindici e io e lui insieme forse da vent'anni.
Per arrivarci, entrambi, senza nemmeno accordarci, abbiamo fatto la strada del laghetto delle trote di Cortabbio. Ci siamo accostati da una strada che usciva diretta dai ricordi ed arriva in piazza a Prato S.Pietro, passando dall'inevitabile strettoia tra i muri in pietra delle vecchie case.
Proseguendo verso la piazza centrale di Cortenova si passa davanti al cimitero e si trova una nuova (almeno per me) rotonda. Ancora un poco e si è in piazza, dove soggiornavano d'estate gli altri zii. E' ancora tutto lì: la chiesa, il comune, l'oratorio, l'albergo Gnocchi (dove poi abbiamo pranzato) e anche il monumento a Stoppani. Tutto come ricordavamo.
Ma, nel frattempo, qualcosa era successo: dall'altra parte della valle, proprio di fronte, due frane hanno cambiato il paesaggio. Ne eravamo al corrente ma vederlo di persona fa tutto un altro effetto.
Uno stop dove stava Luca, un altro dove stavo io, un rapido giro del paese e un altro stop per un bianchino dal Tabaccaio (dove abbiamo trovato ancora i due coniugi che, a nostra memoria, l'hanno sempre gestito) ci hanno mostrato che tutto stava ancora lì, quasi immutato, a parte la fontana con la testa di leone spostata su un piccolo nuovo spiazzo sulla curva che scende verso la strada per Parlasco.
Ci stavamo godendo questo effetto-ritorno che ci aspettavamo ma del quale non eravamo sicuri che avremmo potuto beneficiare.
All these places have their moments with lovers and friends I still can recall.
Some are dead and some are living, in my life I've loved them all.
A Cortenova ci abita Marika, un'amica d'infanzia, e per "amica d'infanzia" intendo che la conosco da quando io avevo un anno e lei zero (vabbè, diciamo fin dal momento in cui da esseri minuscoli abbiamo cominciato a interagire col mondo esterno).
Ci sentiamo ogni tanto (lei dice solo per darmi brutte notizie, tipo quella della frana) e finché sono andato lassù anche solo per delle toccate e fughe veloci, siamo sempre riusciti almeno a bere un caffé e fumare una sigaretta insieme.
Questa volta le sono piombato in casa con moglie, figlio e cugino (i primi due non li vedeva da 10 anni, l'ultimo da almeno 100) e, dopo pranzo, ci ha accompagnato per il giro "ragionato" del paese.
Abbiamo incrociato il sentiero della Quarantina, una sorgente, quello che portava nei boschi e che ora è tagliato dalla "tangenziale" dove si affacciano un sacco di nuove case e siamo ridiscesi in paese dal vicoletto che porta alla Colonia e alla "funtana di Vacc", tappa immancabile per una sorsata d'acqua (ai tempi era il brindisi della buonanotte quando si scioglieva la compagnia).
Siamo poi risaliti lungo la tangenziale fino al cimitero, altra tappa obbligatoria perché stanno lì alcuni amici d'infanzia tra cui i due fratelli di Marika e Giovanni, indimenticato compagno estivo che riuscì a "scappare" dal paese per andare a fare il ricercatore in America (l'America era sempre stata la sua meta fin da quando ascoltava la Nitty Gritty Dirt Band).
Usciti da lì e ripreso fiato dalle memorie pesanti, ci siamo avviati alla Roccolina, la colonia estiva dove facevano la festa degli alpini e dove, quando non c'era la festa e muniti di mangianastri, andavamo a ballare di notte. Poi ci siamo inerpicati sul prato della colonia dove andavamo a vedere le stelle cadenti e siamo arrivati fino al sentiero che porta nella valle dei Mulini (dove andavamo a cercare i fossili).
Tornati in paese, con la macchina ci siamo spostati dall'altra parte della valle dove sorge la spettrale villa De Vecchi, edificio liberty in rovina, miracolosamente risparmiato dalle due frane che sono scese ai lati. Ora ha un'atmosfera tipo casa degli Usher (si vocifera di fantasmi e sette esoteriche) e non abbiamo resistito alla tentazione di entrarci dentro (non c'è però praticamente nulla da vedere).
Infine ultimo caffè e ultime chiacchiere prima di salutare Marika e tornare verso casa ma abbiamo deciso che non faremo passare ancora così tanto tempo prima di ritornare là perché abbiamo ancora qualche vecchio posto da rivedere: il castagneto, la pineta, Tartavallino e Tartavalle e tanti altri posti intorno (Muggio, Pian delle Betulle, Cainallo).
Dobbiamo tornarci quando ci sono i colori dell'autunno. Quindi presto, direi...
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Complimenti a Fabio per il poetico e toccante ricordo.... si sente sulla pelle quanto per lui quel posto sia stato (e sia ancora) importante.
RispondiEliminaSe un giorno ci tornerete e avrete piacere di condividere questi ricordi con me, ne sarò lieto e onorato.
Grazie comunque per questo post: un pezzo di vita lenta e tranquilla nel caos della vita quotidiana.
Bello farsi coccolare dai ricordi
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