A tredici anni non avevo ancora acquisito, musicalmente parlando, le mie idiosincrasie adolescenziali: insomma non ero ancora un accanito di rock inglese e ascoltavo quello che passavano le radio.
La fissa della fantascienza, però, era già cominciata e per quel motivo un brano mi piacque in modo particolare: mi riferisco a "Help me" dei Dik Dik.
Ora, i Dik Dik erano più che altro noti per "L'isola di Wight" e "Senza luce", tanto per fare due titoli a caso, rivisitazioni italiane di due pezzi stranieri ("Wight is Wight" di Michel Delpech il primo brano e "A Whiter Shade of Pale" dei Procol Harum il secondo).
In pratica erano dei coverizzatori ma il brano "spaziale" era originale, scritto appositamente per loro da Shel Shapiro e Andrea Lo Vecchio.
I Dik Dik vennero bruscamente ridimensionati quando poi cominciai a conoscere il rock britannico e quasi mi incazzai quando ascoltai la prima volta "Space Oddity" di David Bowie, qua nel filmato del '69 tratto dal film "Love You Till Tuesday".
Di fatto i Dik Dik avevano fatto praticamente una cover "implicita", tanto per non smentirsi.
Ora, non per farmi riprendere la mano dalle mie idiosincrasie giovanili, però mi pare che la differenza qualitativa tra i due brani sia indiscutibile e, inoltre, mentre il brano italiano indugia tipicamente sul sentimento ("Non hai mai conosciuto tuo padre, era un uomo importante, tesoro. E' quell'uomo vestito d'argento, è la voce che senti ogni tanto"), il brano di Bowie punta dritto al sense of wonder proprio della vecchia fantascienza ("Here am I floating round my tin can, far above the Moon. Planet Earth is blue and there's nothing I can do").
Bowie batte Dik Dik uno a zero.
Il mese scorso ho avuto occasione di assistere a un concerto dei Dik Dik a Desio: naturalmente hanno riproposto tutto il loro repertorio classico e noi, vecchi rimbecilliti, lì a canticchiare tutto quanto insieme a loro.
Non hanno però fatto "Help me" e, devo confessarlo, questa cosa mi ha fatto rimanere un po' male perché, nella mia testa scompensata, pensare ai Dik Dik significa soprattutto pensare a quel pezzo.
Peccato.
E mi sa che, col crescere dell'età, sto pure diventando sentimentale.
Preoccupante?